Lettere recapitate durante
i 55 giorni di prigionia
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A Eleonora Moro - recapitata il 20 aprile -
Nel pomeriggio del 20 Aprile Don Mennini avvertito da una telefonata, recupera una busta arancione posta dietro un cartellooe pubblicitario in Viale del Vignola, Nella busta sono presenti anche le lettere a Papa Paolo VI e a Zaccagnini. Non divulgata durante il sequestro. Ritrovata il 23 Ottobre 1990 nel covo BR di via Montenevoso a Milano
Carissima e amata,
siamo al momento decisivo estremamente rischioso. Vi sono vicino e vi amo con tutto il cuore. Baci a tutti a Luca in particolare. Ora occorre trasmettere di urgenza queste lettere, determinanti, per cui devi convocare le squadre di Giovanni e Agnese o altri che creda idonei, al più presto. Tutto urge, urge.
Due sono le più importanti: lettera mia al Papa. Non so se già hai predisposto qualcosa. Occorre inviare mani sicure e rapide es: Poletti, Pignedoli, se c'è Pompei (improbabile è a Parigi), Bottai, che dovresti fare venire a casa, senza mai nulla dire al telefono.
Infine, ma potrebbe essere la soluzione più facile, chiamare Antonello Mennini, Vice Parroco di S. Lucia che puoi fare venire a casa. Infine vedi tu. Presto e bene per quel poco che può valere. Lettera a Zaccagnini. E' la più importante. Occorre arrivi integra. Vedi di mandarla per il migliore tramite a lui e avverti i giornalisti circostanti che la rendano pubblica.
Mi raccomando. Ti abbraccio tanto con tutti.
A Papa Paolo VI - recapitata il 20 Aprile -
Recuperata nel pomeriggio del 20 Aprile da Don Mennini (vedi sopra) .Il sacerdote la consegna alla S.ra Moro che riaffida la lettera allo stesso Mennini per recapitarla in Vaticano: Nella serata il cardinale Poletti consegna la lettera a PaoloVI. Non divulgata durante il sequestro. Ritrovata nell'ottobre del 1990 nel covo di Via Montenevoso
Alla stampa, da parte di Aldo Moro, con preghiera di cortese urgente trasmissione all'augusto Destinatario e molte grazie A S.S. Paolo VI Città del Vaticano
In quest'ora tanto difficile mi permetto di rivolgermi con vivo rispetto e profonda speranza alla Santità vostra, affinché con altissima autorità morale e cristiano spirito umanitario voglia intercedere presso le competenti autorità governative italiane per un'equa soluzione del problema dello scambio dei prigionieri politici e la mia restituzione alla famiglia, per le cui necessità assai gravi sono indispensabili la mia presenza ed assistenza. Solo la Santità Vostra può porre di fronte alle esigenze dello Stato, comprensibili nel loro ordine le ragioni morali e il diritto alla vita.
Con profonda gratitudine, speranza e devoto ossequio dev.mo Aldo Moro
A Kurt Waldheim segretario generale dell' ONU - recapitata - non divulgata
Recapitata tramite Don Mennin, non divulgata durante il sequestro. La lettera è stata scritta dopo il 22 aprile giorno in cui il segretario dell'Onu Waldheim rivolge un primo appello alle Brigate Rosse, circostanza citata nella lettera. Ritrovata nel covo delle BR di via Montenevoso nell'ottobre 1978
Signor Presidente,
desidero innanzitutto ringraziarla, nella drammatica situazione nella quale mi trovo, per il fervido messaggio che ha voluto formulare per la salvezza della mia vita. E' un segno, tanto autorevole quanto gradito, oltre che del suo ben noto spirito umanitario, della benevolenza della quale mi fa oggetto da anni, da quando cioè ebbi la ventura di trattare lungamente con lei dei problemi dell'Alto Adige e di giungere poi alla felice conclusione di Copenaghen. In tutto questo tempo ci siamo scambiati reciproca simpatia e stima. Bene, ora io mi trovo nella condizione di prigioniero politico ed intorno a questa mia posizione è aperta una vertenza tra il governo italiano e le BR intorno a qualche scambio di prigionieri delle due parti.
Il suo alto appello umanitario non ha potuto così conseguire il risultato desiderato, poiché il governo oppone la richiesta di un gesto gratuito ed unilaterale, mentre l'altra parte chiede una contropartita da concordare. In verità sia in Italia sia all'estero non mancano casi di scambi di prigionieri. La cosa, benché presenti qualche difficoltà, non è di per sé né assurda né irrisolvibile.
Vi sono ostacoli politici ai quali il governo attribuisce caratteri di durezza. Gli ostacoli non sono però insuperabili; la Sua presenza in Italia, la conoscenza del contenzioso, la Sua abilità diplomatica, la Sua capacità mediatrice, dovrebbero poter sbloccare la difficile situazione, salvare la mia vita, creare un'area di distensione utile alla pace. Forse il suo sacrificio, con adeguata pressione su una posizione irragionevole del governo italiano, potrebbe fare il miracolo che attendo non per me, ma per la mia disgraziata famiglia. Purtroppo il correre del tempo è inesorabile. Ed io sono obbligato a supplicare che l'emergenza sia affrontata senza ritardo.
La ringrazio, eccellenza, per quanto Ella potrà e vorrà fare ed in nome anche dei miei le porgo gli ossequi più devoti.
Aldo Moro
A Eleonora Moro - recapitata il 24 aprile - non divulgata
La lettera fu recuperata il 24 aprile dalla polizia a seguito dell'intercettazione telefonica sull'utenza di Don Mennini in cui le Brigate Rosse indicavano in via Volturno a Roma l'ubicazione della missiva. La lettera fu consegnata la sera stessa a Giovanni Moro. Lettera non divulgata durante il sequestro e pubblicata per la prima volta in " L'intelligenza e gli Avvenimenti" 1979
Carissima Noretta,
come ultimo tentativo fai una protesta ed una preghiera con tutto il fiato che hai in gola, senza sentire i consigli di prudenza di chicchessia e dello stesso Guerzoni.
Ti abbraccio forte forte Aldo
A Benigno Zaccagnini - recapitata il 24 aprile - divulgata
Nel pomeriggio del 24 aprile una telefonata delle BR avvertì la redazione del quotidiano "Vita Sera" della presenza di uno nuovo messaggio in via Parigi. Nella busta, insieme al manoscritto indirizzato a Zaccagnini, c'era anche il comunicato n° 8 delle br. La lettera fu consegnata in serata alla polizia e pubblicata sui quotidiani del 25 Aprile. Guarda il manoscritto
ancora una volta, come qualche giorno fa m'indirizzo a te con animo profondamente commosso per la crescente drammaticità della situazione. Siamo quasi all'ora zero: mancano più secondi che minuti. Siamo al momento dell'eccidio.
Naturalmente mi rivolgo a te, ma intendo parlare individualmente a tutti i componenti della Direzione (più o meno allargata) cui spettano costituzionalmente le decisioni, e che decisioni! del partito. Intendo rivolgermi ancora alla immensa folla dei militanti che per anni ed anni mi hanno ascoltato, mi hanno capito, mi hanno considerato l'accorto divinatore delle funzioni avvenire della Democrazia Cristiana.
Quanti dialoghi, in anni ed anni, con la folla dei militanti. Quanti dialoghi, in anni ed anni, con gli amici della Direzione del Partito o dei Gruppi parlamentari. Anche negli ultimi difficili mesi quante volte abbiamo parlato pacatamente tra noi, tra tutti noi, chiamandoci per nome, tutti investiti di una stessa indeclinabile responsabilità.Si sapeva, senza patti di sangue, senza inopinati segreti notturni checosa voleva ciascuno di noi nella sua responsabilità.
Ora di questa vicenda, la più grande e gravida di conseguenze che abbia investito da anni la D.C., non sappiamo nulla o quasi. Non conosciamo la posizione del Segretario né del Presidente del Consiglio; vaghe indiscrezioni dell'On. Bodrato con accenti di generico carattere umanitario. Nessuna notizia sul contenuto; sulle intelligenti sottigliezze di Granelli, sulle robuste argomentazioni di Misasi (quanto contavo su di esse), sulla precisa sintesi politica dei Presidenti dei Gruppi e specie dell'On. Piccoli. Mi sono detto: la situazione non è matura e ci converrà aspettare. E' prudenza tradizionale della D.C. Ed ho atteso fiducioso come sempre, immaginando quello che Gui, Misasi, Granelli, Gava, Gonella (l'umanista dell'Osservatore) ed altri avrebbero detto nella vera riunione, dopo questa prima interlocutoria.
Vorrei rilevare incidentalmente che la competenza è certo del Governo, ma che esso ha il suo fondamento insostituibile nella D.C. che dà e ritira la fiducia, come in circostanze così drammatiche sarebbe giustificato. E' dunque alla D.C. che bisogna guardare. Ed invece, dicevo, niente. Sedute notturne, angosce, insofferenza, richiami alle ragioni del Partito e dello Stato. Viene una proposta unitaria nobilissima, ma che elude purtroppo il problema politico reale. Invece dev'essere chiaro che politicamente il tema non è quello della pietà umana, pur così suggestiva, ma dello scambio di alcuni prigionieri di guerra (guerra o guerriglia come si vuole), come si pratica là dove si fa la guerra, come si pratica in paesi altamente civili (quasi la universalità), dove si scambia non solo per obiettive ragioni umanitarie, ma per la salvezza della vita umana innocente.
Perché in Italia un altro codice? Per la forza comunista entrata in campo e che dovrà fare i conti con tutti questi problemi anche in confronto della più umana posizione socialista? Vorrei ora fermarmi un momento sulla comparazione dei beni di cui si tratta: uno recuperabile, sia pure a caro prezzo, la libertà; l'altro, in nessun modo recuperabile, la vita. Con quale senso di giustizia, con quale pauroso arretramento sulla stessa legge del taglione, lo Stato, con la sua inerzia, con il suo cinismo, con la sua mancanza di senso storico consente che per una libertà che s'intenda negare si accetti e si dia come scontata la più grave ed irreparabile pena di morte?
Questo è un punto essenziale che avevo immaginato Misasi sviluppasse con la sua intelligenza ed eloquenza. In questo modo si reintroduce la pena di morte che un Paese civile come il nostro ha escluso sin dal Beccaria ed espunto nel dopoguerra dal codice come primo segno di autentica democratizzazione. Con la sua inerzia, con il suo tener dietro, in nome della ragion di Stato, l'organizzazione statale condanna a morte e senza troppo pensarci su, perché c'è uno stato di detenzione preminente da difendere. E' una cosa enorme. Ci vuole un atto di coraggio senza condizionamenti di alcuno.
Zaccagnini, sei eletto dal congresso. Nessuno ti può sindacare. La tua parola è decisiva. Non essere incerto, pencolante, acquiescente. Sii coraggioso e puro come nella tua giovinezza. E poi, detto questo, io ripeto che non accetto l'iniqua ed ingrata sentenza della D.C. Ripeto: non assolverò e non giustificherò nessuno. Nessuna ragione politica e morale mi potranno spingere a farlo. Con il mio è il grido della mia famiglia ferita a morte, che spero possa dire autonomamente la sua parola. Non creda la D.C. di avere chiuso il suo problema, liquidando Moro.
Io ci sarò ancora come un punto irriducibile di contestazione e di alternativa, per impedire che della D.C. si faccia quello che se ne fa oggi. Per questa ragione, per una evidente incompatibilità, chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno veramente voluto bene e sono degni perciò di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore.
Cordiali saluti 24-4-78 Aldo Moro On. Benigno Zaccagnini
P.S. Diffido a non prendere decisioni fuori dagli organi competenti di partito.